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Perizia con certificazione messaggi e chat WhatsApp
Negli ultimi anni le prove documentali fatte di registrazioni vocali e massaggi in chat eseguite con il famosissimo WhatsApp hanno rivoluzionato i processi civili e penali dei tribunali italiani e non solo.
In questo articolo si vuole indicare il corretto modus operandi per l'utilizzo di queste prove, con un'analisi fornita anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 49016/2017.
Una precisazione iniziale è doverosa per far comprendere al lettore che l'utilizzo di WhatsAPP in tribunale necessita di una procedura forense per dimostrare la genuinità e bontà del contenuto e non basta allegare semplici screenshot o stampre prive di una acquisizione rigorosa.
Molti clienti si rivolgono al nostro studio perché il legale giustamente richiede una perizia forense per la presentazione dei messaggi, chat o vocali, poichè è consapevole che gli screenshot o le stampe non solo possono essere rigettati da giudici e PM o disconosciuti dalla controparte, ma non garantiscono la paternità, l'originalità, la genuinità e la certezza di quanto si vuole provare.
L'importanza di "cristallizzare o certificare" l'esistenza e l'esattezza dei dati contenuti nei propri smartphone è il risultato che solo una perizia informatica forense può offrire e che non potrà essere contestata, perchè eseguita con metodologie standardizzate e riconosciute in giudizio.
Cosa dice la sentenza 49016/2017
Nella sentenza 49016/2017 la Corte di Cassazione afferma che:
“Deve, infatti, osservarsi che, per quanto la registrazione di tali conversazioni, operata da uno degli interlocutori, costituisca una forma di memorizzazione di un fatto storico, della quale si può certamente disporre legittimamente ai fini probatori, trattandosi di una prova documentale, atteso che l'art. 234 c.p.p., comma 1, prevede espressamente la possibilità di acquisire documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo (in tema di registrazione fonica cfr. Sez. 1, n. 6339 del 22/01/2013, Pagliaro, Rv. 254814; Sez. 6, n. 16986 del 24/02/2009, Abis, Rv. 243256), l'utilizzabilità della stessa è, tuttavia, condizionata dall'acquisizione del supporto - telematico o figurativo contenente la menzionata registrazione, svolgendo la relativa trascrizione una funzione meramente riproduttiva del contenuto della principale prova documentale (Sez. 2, n. 50986 del 06/10/2016, Rv. 268730; Sez. 5, n. 4287 del 29/09/2015 - dep. 2/02/2016, Pepi, Rv. 265624): tanto perchè occorre controllare l'affidabilità della prova medesima mediante l'esame diretto del supporto onde verificare con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l'attendibilità di quanto da esse documentato.” (fonte Altalex)
Correttamente la Suprema Corte afferma che le prove documentali contenute nelle conversazioni, immagini e quant'altro sono condizionate ad una funzione meramente riproduttiva e che necessitano della verifica sull'attendibilità mediante l'analisi diretta del supporto per garantirne la paternità e la certezza.
In questa frase si concentra una questione tecnica oggettiva del supporto informatico, che deve essere analizzato (esame diretto) e che senza dubbio richiede una attività: la perizia forense su smartphone o tablet.
Come estrapolare correttamente le prove su WhatsApp
Innanzitutto occorre rivolgersi ad un consulente informatico come lo Studio Tarantelli che esegua attività forensi, che abbia una comprovata esperienza nel campo informatico-legale e disponga di attrezzature aggiornate proprie o di partner qualificati per l'acquisizione di ogni dispositivo mobile, al fine di redigere una perizia.
Il primo passo da fare è una consulenza che evidenzi i fatti tecnici e legali sulle attività da svolgere, al fine di intraprendere una attività corretta di acquisizione delle prove, estrapolazione dei dati e presentazione delle evidenze in giudizio.
L'acquisizione delle prove su un dispositivo mobile, tablet, etc. deve essere eseguita con strumenti forensi che garantiscano la genuinità dell'esame e che non alterino il supporto originale.
I software e le apparecchiature utilizzati e che devono risultare aggiornati, sono fondamentali per la verifica della certezza e paternità indicate nella sentenza della Cassazione 49016/2017, senza delle quali si incorre certamente nella invalidazione delle prove fornite in sede di giudizio.
L'acquisizione comporta la copia bit a bit degli smartphone o tablet dove è installato WhatsApp ed il contenuto salvato su hard disk nuovi nel quale viene generata la cosiddetta copia forense.
Una volta terminata l'acquisizione, le prove vanno congelate e mantenute inalterate fino al termine del procedimento giudiziario ed il telefono dovrà essere sigillato e conservato correttamente, così da proteggerlo contro eventuali manomissioni o alterazioni.
Tutti i dispositivi da questo momento sono corredati da un documento importantissimo, chiamato "Catena di Custodia" che indica tutti i "passaggi di mano" del supporto.
L'estrapolazione è una attività successiva che prevede il reperimento dei dati utili alle indagini prelevati dalla copia forense.
Una volta che tutti i dati sono pronti, vengono inseriti in una relazione tecnica, che racchiude tutte le fasi lavorative, dall'acquisizione fino al repertamento e consegna dei supporti al cliente.
La relazione viene firmata digitalmente dal professionista, visto che il desposito è eseguito dal legale mediante gli applicativi utilizzati per il processo telematico.
Se tutto il lavoro viene svolto correttamente e documentato in maniera esaustiva dal consulente, si ha una prova documentale e tecnica valida per usi forensi.
Questa sequenza di azioni appena indicate, sono ovviamente un esempio concreto ma non esaustivo, visto che ogni caso specifico può differire o implementare attività suppletive e mirate, ma rispecchia ciò che di base è chiaramente indicato nella norma ISO 27037, che "definisce le linee guida specifiche per la gestione dei dati digitali che sono l'identificazione, la raccolta, l'acquisizione e la conservazione delle prove digitali che possono essere di valore probatorio".
Originalità dei messaggi WhatsAPP
Questa sezione viene scritta successivamente alla possibilità offerta dalla famosa app di messaggistica di poter modificare i messaggi WhatsAPP. E' importante sottolineare che questa funzionalità risulta operativa successivamente alla sentenza sopra citata.
In una acquisizione ed estrapolazione forense delle chat è facile dimostrarne la paternità, in quanto per il consulente informatico forense è assodato che il contenuto sia attribuibile al proprietario dello smartphone, visto che in sede legale ne riconosce il contenuto. Questo è vero a meno di richieste eseguite per la verifica di manomissioni, intrusioni, etc., che richiedono un iter di analisi ed indagine suppletiva. Al contrario ad oggi, non è possibile accertare immediatamente l'originalità come un tempo, perchè i messaggi possono essere modificati successivamente all'invio.
Pertanto, qualora fossero seguite tutte le indicazioni di base sopra esposte, si avrebbe un risultato eseguito secondo la pratica forense, ma che mancherebbe della caratteristica di originalità! Cosa occorre fare allora?
Per verificare l'oroginalità è necessario che il consulente disponga anche del telefono che ha ricevuto i messaggi, per analizzare congiuntamente i dispositivi, dopo ovviamente l'esecuzione di entrambe le copie forensi.
Di norma, il cliente che si rivolge al nostro studio per una perizia forense, desidera utilizzare le sue prove informatiche in giudizio, mostrando le chat in questione e non ha la possibilità (per vari motivi) di avere anche il telefono della controparte. Tuttavia la pratica forense eseguita sul telefono del cliente risulta l'unica strada al momento percorribile e qualora la controparte dovesse indicare in contraddittorio che i messaggi non siano veritieri, dovrà certamente provarlo. Sarà certamente il legale del cliente o il CTP a replicare al tutto.
E' ovvio che se si producono in un giudizio messaggi che poi si rilevano modificati e non veritieri, si dichiara il falso e si commette un reato penale! Quindi attenzione.
Nel caso in cui la controparte disconosca i messaggi ed abbia il dispositivo con i messaggi che ritiene corretti, si può richiedere una CTU (consulenza tecnica d'ufficio), che accerterà mediante la copia di entrambi gli apparati chi sta dichiarando il falso! Quindi attenzione a produrre prove non vere.
In conclusione, dall'analisi di un singolo dispositivo è possibile verificare l'esistenza dei messaggi WhatsAPP e l'unico modo per produrre tali prove in giudizio è quello di utilizzare una acquisizione ed estrapolazione forense. Per provare l'originalità spesso occorrerà il telefono della controparte.
Se desideri maggiori informazioni o vuoi richiedere un preventivo per una certificazione dell'esistenza di messaggi WhatsApp sul tuo smartphone, contattaci e riceverai tutte le informazioni utili per il tuo caso legale.
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Ultima release: 23/01/2024
Autore: Mirko Tarantelli - Ingegnere delle telecomunicazioni - consulente informatico e SEO - Data Scientist
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